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CALCIO TOTALIZZANTE

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CALCIO TOTALIZZANTE

Bambino che gioca a calcio in mezzo a una pozzanghera

Il calcio è uno sport che nella maggior parte dei casi riesce a coinvolgere tutti i bambini, chi prima chi dopo, e di cui ci si innamora. Quando parlo di calcio totalizzante intendo che questo sport, a un certo punto, si presenta nella vita delle persone, e liberarsene non è solo difficile ma diventa anche l’ultima cosa che si vuole.

Il Calcio: IERI E OGGI

Il calcio, negli anni ‘90 si vedeva in televisione, si ascoltava per radio, si vedeva per le strade, si vedeva nelle pubblicità, ma si vedeva soprattutto nelle persone. Dal bar alla scuola, al lavoro, se ne è parlato sempre. Presumibilmente, tra i maschi prende il buon 50% degli argomenti.

Calcio al pallone

Oggi più di ieri, ne siamo completamente sommersi, innanzitutto perché c’è almeno una partita ogni giorno, motivo per il quale viene definito “Calcio spezzatino”. Non esiste più il palinsesto degli anni ’90, dove le partite venivano trasmesse il sabato e la domenica, e al massimo c’era il mercoledì che dedicavi alla Champion’s League.

Vedere la partita della squadra del cuore o di quelle che si temono di più non è più sufficiente. Non basta, e allora si commentano i match in una conversazione tra padre e figlio, con gli amici quando si esce, sui social tra post e storie. Che il calcio diventi totalizzante è solo una conseguenza al punto che si vuole essere protagonisti e non più semplici spettatori. I modi per farlo nel tempo sono cresciuti e se prima era ruolo dei più “accaniti” appassionati, oggi non è più solo una cifra esigua a essere vittima di questo travolgimento poiché si estende un po’ a tutti.

Sapete cosa è riuscito a entrare, penetrare, nella vita delle persone?

Ovviamente il FANTACALCIO.

La TOTALIZZAZIONE raggiunge l’apice

Personalmente gioco al Fantacalcio da quando ho 10-11 anni ma vi assicuro che la differenza tra prima e oggi è molto netta. Con l’avvento di internet, dei canali e delle pagine dedicate, la diffusione è stata esponenziale. Con chiunque ti rivolgi, senza usare un’esagerazione, gioca al Fantacalcio.

È diventato una moda ma soprattutto un passatempo per staccare dalla routine giornaliera. Se prima l’unico modo per essere protagonisti era giocare alla Play-Station, oggi si aggiunge quest’altro hobby. Parlo di calcio totalizzante perché le partite non si fermano mai, ogni giorno sei costretto a dedicare tempo a questo gioco, specialmente se punti alla vittoria finale.

Ci si rende conto che la realtà viaggia a velocità supersonica, si ricerca l’immediatezza, e questo lo vedi anche nel Fantacalcio.

L’attesa aumenta il desiderio (dicevano…)

Pagina gazzetta dello sport

Fino a qualche anno fa, per sapere se si fosse vinta la PROPRIA partita, bisognava aspettare il lunedì mattina. E allora le edicole si riempivano di appassionati che compravano la gazzetta dello sport. Lì, con quelle grandi pagine rosa si controllavano uno a uno i voti che i – ormai propri – calciatori avevano ottenuto. I più veloci esclamavano a gran voce il punteggio finale, qualcun’altro se ne stava lì con carta e penna a fare tutti i calcoli precisi, curante di nessun errore cui erano soggette le approssimazioni. Se non riuscivi a comprarla, per mancanza di tempo o perché dovevi correre a scuola con il rischio di arrivare in ritardo, accendevi la televisione, televideo, sezione calcio, e facevi lo stesso lavoro ma in maniera diversa. Sì, ti prendeva tempo, ma dato il palinsesto scarno, impiegavi quei 30 minuti il lunedì per scoprire se avessi vinto o perso.

Oggi, aiutato dagli smartphone, sempre presenti, praticamente estensione del tuo corpo, monitori costantemente i risultati, i voti attribuiti ai calciatori, i live, le partite, e non si aspetta più. L’attesa non è contemplata in questo mondo di risposte immediate, di risultati evidenti, di presenza in ogni dove, in ogni quando.

Si è perso il saper aspettare!

Cosa ha contribuito a far rinascere questa sensazione?

A un tratto tutto si è fermato. Il lavoro, le uscite, le serate, le corse frenetiche, gli appuntamenti, scuole e università, cinema e ristoranti, il Calcio.

Il tempo è diventato nostro. E se tutti eravamo diventati bravi a incastrare i mille impegni quotidiani, è stato difficile riorganizzare il vuoto che il Corona Virus ha lasciato intorno. In questo riorganizzare il tutto c’è chi ha scelto di mettere il calcio da parte o chi, anche stavolta, ha trovato lo spazio per inserirlo nella propria routine.

Pallone su un campo da calcio

Forse abbiamo scoperto che è possibile sopravvivere anche senza, che è questione di abitudine, che dopo mesi sì, si è continuato a parlarne, ma con nostalgia. Come qualcosa che andava, ma stavolta dalla parte opposta. Si può ancora parlare di calcio totalizzante? Certo, sicuramente per i più temerari il calcio è rimasto un perno, e io non posso che far parte di questi. Sapete come?

Sul tetto, con un pallone. Perché alla fine basta davvero poco. Anche stavolta l’ho scelto. Ho concesso a lui del tempo delle mie giornate, azzarderei tutte.  Un po’ come quando si era bambini, quando a casa nessuno aveva voglia di stare e il vuoto che lasciava il tempo lo si riempiva scendendo nel proprio cortile, anche quando tutti gli altri non c’erano. Un pallone sotto al braccio, un muretto che fungesse da compagno di squadra, avversario o una porta in cui calciare, e iniziava la sfida. Perché a volte basta veramente poco per riempire tanto.

Nostalgia dei vecchi tempi!

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